Come già enunciato l’ergonomia raccorda tra loro il lavoratore, l’organizzazione, l’ambiente di lavoro, l’azione lavorativa e le attrezzature, vediamo ora nello specifico quali possono essere le problematiche e soprattutto qualche spunto per la risoluzione.
Riprendendo le aree tematiche del precedente articolo analizziamo in prima battuta il rischio da movimenti ripetitivi il quale porta a patologie muscolo-scheletriche degli arti superiori quali alterazioni tendinee come l’epicondilite, alterazioni a carico dei nervi quale la sindrome del tunnel carpale, alterazioni neuro vascolari ad esempio la sindrome di Raynaud. Possono essere causate da: movimenti ripetitivi, alta frequenza e velocità, uso di forza, posizioni incongrue, recupero insufficiente, vibrazioni, compressioni di strutture anatomiche, disergonomia degli strumenti, uso di guanti, esposizione al freddo, lavoro secondo incentivi, ritmi imposti dalle macchine o dalle lavorazioni, e inesperienza lavorativa.
IL LAVORO RIPETITIVO E LA POSTURA
Si definisce lavoro ripetitivo quando è caratterizzato da cicli oppure quando più del 50% del tempo di ciclo, indipendentemente dalla durata, è impiegato nello stesso gesto lavorativo o sequenza di gesti. L’analisi della frequenza d’azione comporta la descrizione della frequenza delle azioni tecniche svolte dagli arti superiori nonché il calcolo della frequenza di azione al minuto. Per azioni tecniche si intende ad esempio afferrare, prendere, posizionare, estrarre, ruotare, premere, tirare, colpire, levigare, trasportare, nonchè le azioni statiche.
La forza consiste nell’impegno meccanico necessario a compiere un’azione tecnica. Il suo sviluppo può essere connesso alla movimentazione o al sostegno di oggetti e strumenti di lavoro o a mantenere una postura di una parte del corpo, e viene identificata/quantificata come esterna (applicata) e interna.
Le posture incongrue legate anche al movimento sono a carico degli arti superiori nello svolgimento delle azioni del ciclo, trattasi per la spalla della flessione e abduzione maggiori di 80° e dell’estensione maggiore di 40°. Scendendo al gomito il focus si sposta sulla flessione o estensione e sulla pronazione o supinazione maggiori di 60°. Infine per quanto concerne il polso e la mano si parla di estensione-flessione oltre i 45° e di deviazione radio-ulnare maggiore di 15° e 20°. Gravano su questi ultimi anche la tipologia di presa, che viene distinta in presa di precisione (con pollice e dita) che sviluppa solo il 25% della forza applicata e presa di forza che implica l’appoggio del palmo della mano all’oggetto.
Spalla

Gomito

Mano-Polso

I TEMPI DI RECUPERO E LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Altro parametro da considerare sono i tempi di recupero cioè quelli in cui si riscontra una sostanziale inattività dei gruppi muscolari. Rientrano tra questi la pausa pasto, compiti di controllo visivo e i tempi d’attesa di almeno 10 secondi. Il recupero deve esserci almeno dopo ogni ora di lavorazione ripetitiva nel rapporto di almeno 1:5.
In ultima analisi, per i fattori complementari, la valutazione ha uno spettro molto più ampio: impattano i movimenti bruschi, i presidi non adeguati, gli impatti ripetuti, lavori di precisione e molti altri.
Affrontando la movimentazione manuale dei carichi, che si riflette spesso nel tipico “mal di schiena” interessando il 70% della popolazione generale, non possiamo non riprendere quanto indicato nell’allegato XXXIII del decreto legislativo 81/08:
“la prevenzione del rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare dorsolombari, connesse alle attività lavorative di movimentazione manuale dei carichi dovrà considerare, in modo integrato, il complesso degli elementi di riferimento e dei fattori individuali di rischio.”
Nella valutazione devono rientrare: le caratteristiche del carico come il peso, l’ingombro e la collocazione; lo sforzo fisico richiesto il quale potrebbe essere eccessivo o prevedere una torsione, un movimento brusco; le caratteristiche dell’ambiente di lavoro che non sono mai da sottovalutare come lo spazio, il pavimento, il piano di lavoro, la temperatura, la ventilazione e l’umidità; le esigenze connesse all’attività come gli sforzi fisici troppo frequenti o prolungati, le pause insufficienti, le distanze troppo elevate, il ritmo di lavoro imposto dal processo, i fattori individuali di rischio come la formazione, gli indumenti/calzature, l’idoneità fisica.
Possibili condizioni a rischio possono riscontrarsi:
- Per la posizione e per la presa del carico;
- Per la rotazione del tronco;
- Per l’ambiente di lavoro;
- Per la movimentazione dei carichi.
Vediamo, attraverso delle immagini, esempi di posizioni scorrette con le corrispettive correzioni. Al di là di questi incipit si ricorda che la valutazione del rischio va eseguita con metodi psicofisici e analisi biomeccaniche.





Concludiamo questo approfondimento precisando che tra i fattori da analizzare rientrano:
- il fattore altezza da terra delle mani a inizio sollevamento;
- il fattore dislocazione verticale del peso fra inizio e fine del sollevamento;
- il fattore orizzontale nonché la distanza orizzontale tra le mani e il punto di mezzo delle caviglie;
- il fattore asimmetria del peso;
- il fattore di presa del carico;
- il fattore di frequenza e durata del sollevamento.
Altrettanto rilevante è la valutazione delle azioni di trasporto, spinta, tiro. Analizzeremo nel prossimo articolo le postazioni legate ad attività di ufficio, l’importanza dell’ergonomia, i costi e le riduzioni previste.